Per me un Pol Roger rosé (chi mi conosce sa che ho un debole per le bollicine). Per voi? giusto un brindisi, come si addice all'inizio di ogni nuova avventura....

venerdì 5 agosto 2011

P/Ink Noir: le nuove signore in nero del Giappone contemporaneo



A detective story must have as its main interest the unravelling of a mystery, a mystery whose elements are clearly presented to the reader at an early stage in the proceedings, and whose nature is such as to arouse curiosity, a curiosity which is gratified at the end.
(Ronald Knox)

Il crimine è una crepa, un vuoto di moralità e valori che permette di illuminare, come in un flash, gli aspetti profondi della realtà.
(Kirino Natsuo)

La detective fiction, fin dal suo primo apparire verso la metà dell’800, ha sempre costituito un luogo privilegiato per la riflessione sulla vita moderna, in particolare metropolitana. Ma, per il fatto che implica un coinvolgimento con il lato più sordido della vita, in Giappone è stata spesso considerata un genere estraneo all’ispirazione femminile. Eppure, negli ultimi vent’anni, si è assistito a un vero e proprio boom di giovani e meno giovani autrici di mistery, le cui opere combinano il poliziesco tradizionale con l’hard boiled, filtrati attraverso una nuova consapevolezza politico-sociale. Non solo, ma la struttura narrativa della detective story ritorna anche in romanzi, sempre firmati da donne, che non possono tecnicamente essere considerati gialli: forse perché il nucleo della letteratura femminile ancora oggi è una ricerca, la ricerca del sé, o di una nuova, più forte e assertiva, identità.
Di fatto, Miyabe Miyuki (1960-), Nonami Asa (1960-), Kirino Natsuo (1951-), forse le più note fra le autrici di mistery che si affacciano sulla scena letteraria a partire dalla fine degli anni ’80, sembrano avere spazzato via se non il ricordo sicuramente la fama delle scrittrici di poliziesco che le hanno precedute. Anzi, sotto le loro dita la detective fiction si trova a percorrere strade sino allora inesplorate, e a scoprire nuove declinazioni che sembrano volutamente polemiche con il cliché del giallo femminile degli anni ’70.
È la pubblicazione di Kasha (Il passato di Shoko) di Miyabe Miyuki nel 1992 a segnare l’inizio del boom:  romanzo intenso e poliedrico, riscuote un immediato successo di critica e di pubblico, confermando l’autrice come una delle più importanti voci del mistery giapponese contemporaneo. Al centro della vicenda uno scambio di identità: Shunsuke Honma, detective della polizia che un incidente ha costretto a un momentaneo riposo forzato, accetta di aiutare il nipote disperato per la  scomparsa improvvisa e apparentemente inspiegabile della fidanzata, Shoko. Ben presto, tuttavia, le indagini rivelano che quella vita che la donna si è lasciata volutamente alle spalle – il compassato fidanzato, il lavoro modesto in una piccola ditta, l’appartamento fin troppo asettico – non le appartiene davvero. È  come se avesse “rubato” l'identità di un'altra persona, forse una Shoko realmente esistita, forse qualcuno che la donna potrebbe aver ucciso prima di far perdere le proprie tracce. E nella sua fuga forse potrebbe uccidere ancora.
A un primo, frettoloso sguardo, la protagonista sembra la personificazione di uno degli stereotipi femminili più intriganti della cultura e quindi della letteratura giapponese, la dokufu, la poison woman: ladra, assassina, fatale.  Il termine fa la sua apparizione nelle seconda metà dell’’800, negli anni turbolenti che vedono lo sgretolamento del bakufu, il governo shogunale che aveva garantito oltre due secoli di pace al paese. Personificazione delle ansie di una rigida cultura patriarcale travolta da radicali trasformazioni politico-sociali, questa torbida femme fatale, i cui primi esempi prendono in genere spunto da fatti di cronaca, ben presto diventa una presenza familiare nei romanzi pubblicati a puntate su riviste e quotidiani e nelle pièces teatrali, fino ai superbi  ritratti di Izumi Kyōka (1873-1939) e Tanizaki Jun’ichirō (1886-1965).  In epoca moderna, la nascente letteratura poliziesca non potrà esimersi dal fascino esercitato da queste figure, ed è interessante vedere come anche le scrittrici le ripropongano nelle trame di detective stories più o meno convenzionali. E non è un caso che, ancora nel 1978, una moderna versione della dokufu ritorni come protagonista di Daisan no onna (Tempesta d’autunno), uno dei più popolari romanzi di Natsuki Shizuko (1938-), che, con Yamamura Misa (1931-96), ha dominato la scena del poliziesco femminile negli anni ’70 e ’80. 

(il seguito in corso di pubblicazione)