Per me un Pol Roger rosé (chi mi conosce sa che ho un debole per le bollicine). Per voi? giusto un brindisi, come si addice all'inizio di ogni nuova avventura....

sabato 28 gennaio 2012

Un nuovo libro...

un nuovo libro è come un cucciolo: in un certo senso lo hai fatto nascere, perché sei stata lì...spiando ogni minima, fisica trasformazione - una riga in più, una limatura...tu no, nel cestino...no, aspetta, ti ripesco...sperimento una ricetta e torno...la ricetta di un drink, intendo....
ok, basta, devi nascere, altrimenti l'editore mi spara...che ti manca? il mignolo destro? pazienza, devi nascere...ADESSO!!!!!!
e poi, all'improvviso...le BOZZE! eccolo, è lì: definitivo, impaginato... non sembra lo stesso, ma una forma più vera...quella che volevi e che ti sembrava di non aver realizzato... con qualche refuso (di cui non ti accorgerai neanche adesso), ma è lui...
gioia, folle... per un istante...e poi, VIA... il tuo  demone (non dorme mai, lui...) ti chiama... verso il prossimo libro... scrivere può dare dipendenza. E quando te ne accorgi, è troppo tardi....

Contaminazioni incrociate


Io e Nina siamo seduti uno accanto all’altra sulle poltrone di fondo. Davanti a me, nel buio, si allineano in file le teste della folla di spettatori. Nei cinema di Asakusa c’è molta confusione ma qui gli spettatori sono sempre tranquilli. Le teste così allineate e sempre silenziose mi ricordano un cimitero. Fra quelle tombe scure le spalle tonde e piene delle donne sembrano miraggi di diafane colline anche nel buio. Le mie nari si inebriano alla dolce, indistinta fragranza della loro pelle e del loro profumo[1].

    Assiduo lettore delle più popolari riviste di cinema – Motion Picture Magazine, Shadow Land, Photo Play Magazine – Tanizaki era un habitué delle sale cinematografiche che proiettavano film occidentali a Yokohama e ad Asakusa[2]. Grande ammiratore dell’espressionismo tedesco, in particolare de Il gabinetto del dottor Caligari cui nel 1921 dedicò un breve saggio (Karigari hakase o miru – “Su Il gabinetto del dottor Caligari”), ma anche del cinema di Charlie Chaplin, nella sua produzione degli anni ’20 spesso ritornano i nomi dei suoi interpreti preferiti: Mary Pickford, Geraldine Farrar, Clara Bow, Karen Landis, Pola Negri, Wallace Reed, Paul Wegener, Bebe Daniels, Gloria Swanson.
     Questo suo interesse si tradusse presto in una partecipazione attiva alla stesura di sceneggiature e sui set cinematografici della Taishō katsudō shahin kabukishi kaisha (poi abbreviata in Taikatsu) di Yokohama, fondata nel 1920. La Taikatsu si avvaleva della collaborazione del regista Thomas (Kisaburō) Kurihara, che aveva lavorato negli Stati Uniti, dove aveva interpretato piccole parti. Fu per lui che, nel biennio 1920-21, Tanizaki scrisse diverse sceneggiature: Amateur club (Amachua kurabu, 1920); Katsushika sunago (Le spiagge di Katsushika, da un’opera di Izumi Kyōka, 1920); Hinamatsuri no yoru (La notte della festa delle bambine, 1921); Tsuki no kagayaki (Lo splendore della luna, 1921), Jasei no in (La passione del serpente, dall’Ugetsu monogatari di Ueda Akinari, 1921). E proprio quest’ultima, La passione del serpente, segnò di fatto la frattura tra lo scrittore e la Taikatsu: il primo lamentava che la realizzazione scenica di Kurihara non fosse all’altezza di quanto egli scriveva, e la società, dal canto suo, giudicò la sceneggiatura troppo lenta e lunga[3].
     Ma se la presenza attiva di Tanizaki sui set rappresentò solo una breve parentesi, chiusa troppo in fretta, nell’arco della sua lunga carriera artistica, la passione per il grande schermo continuò ad accompagnarlo, nella vita e nella scrittura.

Come se si facesse improvvisamente pieno giorno, appare il corpo di Bebe Daniels. Nina, la tua figura è avvolta dalla luce della pelle della vamp americana! La sua bianca anima ti inonda di luce. In quel momento, improvvisamente un pensiero si insinua dentro di me. Ciò che ora brucia su questo schermo come un serpente d’argento, la donna che è l’origine di questa pieneza di luce, è una giovane attrice americana che si chiama Bebe Daniels. […] Posso persino supporre che anche la sua vita quotidiana sia luminosa e allegra, non tanto dissimile da quelle commedie, ma nello stesso tempo in cui la sua silhouette muovendosi emana dallo schermo una luce d’argento, al di là di quest’ombra la vera lei dov’è e che cosa fa? Cosa vedono quegli occhi? Quali parole sussurrano quelle labbra? E i suoi piedi quale suolo calpestano?[4]

     Il cinema della Paramount e di De Mille; Betty Compson, Karen Landis; i piedi candidi e belli di Gloria Swanson. Il sogno e la carne, erotismo, sensualità dallo schermo al reale: l’immagine affascinante della vamp di celluloide si confonde con quella che sarà la regina indiscussa della pagina tanizakiana, l’angelo crudele, la torbida femme fatale.
      Ma il cinema non attirava solo l’attenzione degli esteti o degli intellettuali raffinati: in quegli stessi anni irrompeva nella quotidianità della middle-class, sia urbana che provinciale, ancor di più dopo che il terremoto del 1923 aveva di fatto dato il via a un nuovo periodo di crescita e fermento. A Tokyo, il quartiere di Asakusa, da sempre deputato allo svago, viene ricostruito completamente, concepito come un gigantesco parco divertimenti, con un'incredibile concentrazione di cinema, teatri, caffè, ristoranti e altri luoghi di intrattenimento, che vedono mescolarsi artisti e attrazioni legati alla cultura giapponese tanto quanto occidentale.
     Scrive Hayashi Fumiko in Diario di una vagabonda (Hōrōki, 1928-29):


Asakusa è incredibile. Asakusa è un posto fantastico dove andare, in ogni momento. Sotto le sue luci scintillanti, sono una danzante, erratica Katjusha[5].

     Katjusha era la protagonista del romanzo di Tolstoj Resurrezione, tradotto in giapponese con il titolo Fukkatsu, e adattato per il teatro nel 1914. La pièce ebbe un incredibile successo, e tra il 1914 e il 1919 venne replicata ben 444 volte, in Giappone e in Manciuria. Il successo dello spettacolo fu favorito anche dall'incredibile popolarità della canzone che l’accompagnava. Il disco vendette 27.000 copie, un record mai raggiunto prima, tanto che si dice salvò la casa discografica dal fallimento. Il successo del romanzo e dello spettacolo teatrale si allargò anche al cinema, con la versione cinematografica prodotta dalla Nikkatsu, e intitolata appunto Katjusha.

In quel periodo fecero la loro apparizione agli angoli delle strade arroventate dal caldo di Nōkata i manifesti del film Katjusha. Mostravano una giovane donna straniera che batteva contro il finestrino di un treno in una stazione, con una sciarpa drappeggiata attorno al capo, sotto la neve che cadeva a larghi fiocchi. Non molto tempo dopo, la pettinatura alla Katjusha, con la riga in mezzo, era già di moda.

Ah, amata Katjusha, com'è triste dirsi addio
Innalziamo una preghiera al cielo,
prima che questa neve leggera si sciolga.

In un batter d'occhio questa canzone era diventata popolare fra i minatori. Ancora oggi mi riporta alla mente tanti ricordi.
L'amore puro di una donna russa – allora non capivo bene il potere dell'amore, ma quando andai a vedere il film mi trasformai nella più romantica delle ragazze. Prima di allora ero andata a teatro una sola volta, ad ascoltare delle vecchie ballate popolari accompagnate dallo shamisen. Adesso uscivo tutti i giorni per andare a vedere Katjusha. Ero completamente incantata da lei.
Quando attraversavo la piazza con i bianchi oleandri in fiore andando a comprare il combustibile, avrei voluto sempre giocare a Katjusha o al minatore con i bambini del paese. Quando giocavamo al minatore, le bambine fingevano di spingere i carri di carbone, e i bambini fingevano di scavare nel buio della miniera cantando la canzone[6].

     Rievocando un momento della sua infanzia nel Kyūshū, Hayashi coglie una nuova forma di cultura popolare moderna nell'esatto momento in cui sboccia. La moda di Katjusha – romanzo, spettacolo teatrale, film, canzone, immagine sui manifesti – che esplode simultaneamente in tutto il Giappone, vissuta in prima persona dall’autrice, rappresenta la prima realizzazione della possibilità di una cultura di massa, basata sul consumo. Inoltre riflette il nuovo rapporto creatosi fra le province e la metropoli, grazie al quale un prodotto culturale cosmopolita generato a Tokyo è fruibile anche per una ragazzina che vive in una cittadina di minatori in provincia.
     Ma l’esperienza cinematografica in Diario di una vagabonda  si fa anche pratica narrativa, laddove il testo sembra costruirsi applicando alla scrittura la tecnica del montaggio, che consente di incorporare nella pagina letteraria frammenti di varia provenienza. Canzoni popolari, liste della spesa, ma anche i titoli di racconti e di romanzi letti o sentiti, versi e frasi estrapolate dai libri. Il tutto in uno stile ibrido e proteiforme, che attinge a diversi generi, e diversi linguaggi, dando vita a una narrazione che si muove agile sul filo del tempo, dove i ricordi si mescolano al resoconto vivo dell’esperienza del presente, segnata da un ritmo e da una presa quanto mai “cinematografiche”. Il cinema dunque come nuova modalità di esperire la rappresentazione del reale; nelle sue – illlusorie? – immediatezza e velocità, icona o sineddoche della modernità. Così ritorna in La banda di Asakusa (Asakusa kurenaidan, 1929-1930) di Kawabata Yasunari, e in Shanghai (Shanhai, 1928-1932) di Yokomitsu Riichi, che rappresentano l’esito migliore del movimento sperimentale noto come Neopercezionismo (Shinkankakuha)[7]. Profondamente influenzato dalle avanguardie europee – Futurismo, Cubismo, Espressionismo, Dada, Simbolismo e Costruttivismo – attirò l’attenzione di pubblico e critica in primis per la centralità assegnata alla cultura urbana e ai suoi fenomeni – velocità, tecnologia, spazio urbano – e per l’uso iconoclasta della lingua e delle strutture sintattico-grammaticali, in una frammentazione che ancora una volta richiama la tecnica del montaggio cinematografico. Non dimentichiamo inoltre che questi autori, come Tanizaki, per un periodo breve ma significativo, si mossero attivamente sui set, arrivando a fondare una casa cinematografica indipendente sull’onda della fascinazione per l’espressionismo tedesco, le cui prime produzioni proprio in quegli anni erano sbarcate anche in Giappone. Dalla collaborazione fra Kawabata, nelle vesti di sceneggiatore, e il regista Kinugasa Teinosuke nel 1926 vede la luce Una pagina di follia considerato ancora oggi un capolavoro assoluto. Purtroppo, nonostante il successo di critica, a livello finanziario l’esperimento si risolse in un flop, e non ebbe seguito[8].


[1] Tanizaki Jun’ichirō, Ave Maria, cit., pp. 88-89.
[2] Nel 1917 firma anche un saggio, Presente e futuro dell’industria cinematografica (Katsudō shashin no genzai to shōrai), che profetizza un successo imperituro per la settima arte, forma espressiva secondo lui nettamente  superiore al teatro.
[3] Adriana Boscaro, Tanizaki e il cinema, http://asiamedia.unive.it/www/content/tanizaki-e-il-cinema
[4] Tanizaki Jun’ichirō, Ave Maria, cit., pp. 94-95.
[5] Hayashi Fumiko, Hōrōki,  Shinchōsha, Tokyo 2007, p. 124.
[6] Hayashi Fumiko, Hōrōki,  cit., pp. 12-13.
[7] Il termine Shinkankakuha viene tradotto in modi diversi, a seconda dei periodi o degli ambiti di riferimento - "Scuola della nuova sensibilità", "Neosensazionalismo", "Neopercezionismo". E' quest'ultima soluzione che abbiamo deciso di adottare.
[8] Luisa Bienati, Paola Scrolavezza, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Venezia, Marsilio, 2009, pp. 110-115.

(da "Lo schermo scritto. Letteratura e cinema in Giappone", con Maria Roberta Novielli, Cafoscarina, Venezia 2012)